La Bohème il sogno (Prefazione di pugno e di getto)

“La bohème ha un parlare suo speciale, un gergo… Il suo vocabolario è

 l’inferno della retorica e il paradiso del neologismo…

Vita gaia e terribile!…” (H. Murger, prefazione alla Vie de boheme)

Prefazione a “La Bohème il sogno”

A Morgana e Ginevra, figlie date a un modo che merita di sognare.

Alla tavola rotonda del caso la mia posata è sempre pronta. Parola di Murger. Così avrebbe detto l’autore, forse, anche di me. Il rumore del letto ad ogni spostamento è la colonna sonora stonata della mia insonnia. E come si può dormire quando per sognare bisogna svegliarsi, e anche parecchio affamati? Il sogno… voce rubata al silenzio. Il Mio Morfeo, ormai stanco, si è arreso al teatro e sempre più spesso, se voglio mangiare, non posso dormire. La mia penna scrive nella notte, il suo inchiostro nero è il buio che si fa quando un poco cala la pace, quando l’orologio tace. E’ solo allora che si spoglia la fantasia e, senza vergogna, inizia a fare l’amore con il mondo. Per quelli come me, vivere è l’atto creativo di ogni giorno. Quelli come me sono figli di Poros e Penìa, di povertà e di ingegno. Il sogno… segno sopito del senso. Non v’è dubbio che io ravveda, nella storia in quattro quadri de La Boheme, il dipinto dello spirito che muove la mia vita: la sopravvivenza. “In povertà mia lieta scialo da gran signore rime ed inni d’amore. Per sogni e per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria.” Diceva così Rodolfo alla sua bella Mimì. Dal 1896 ad oggi i “sogni” e le “chimere” nutrono ancora artisti, non più bohémien, ma ancora squattrinati, lontani dai protagonisti nel tempo e non nella condizione. E l’amore? E’ sempre un caminetto che “sciupa troppo e in fretta” e che, oggi come allora, infiamma i cuori e scalda. Tutto  è cambiato eppure tutto è uguale, questa è la sorte di un’opera universale: la vicenda umana della gente e del suo sentimento. In questa prefazione mi chiedo, cosa possa aggiungere io a una storia perfetta: niente! Ma la sento mia e, chiedendo venia per l’abuso ai tre autori che mi hanno preceduto, la userò per dire di me. Ri-fletto su questo: avere bisogno di dire qualcosa e avere bisogno di qualcosa da dire. La differenza! Significativo esempio di come variando l’ordine delle parole il risultato possa cambiare.  Ri-fletto su questo e al riguardo ho una dichiarazione da fare.

DICHIARAZIONE D’AUTRICE

Vi prego di accogliere la seguente dichiarazione d’autrice come un “depongo le armi”. Non voglio lottare, ma arrendermi a ben tre “veri” e autorevoli autori. Questi hanno il nome di Murger, Illica e Giacosa. Io faccio solo una incursione eretica di cui chiedo venia a loro e a tutti, ma ho bisogno di dire qualcosa. Che non si pensi che abbia scritto e diretto questo spettacolo per vanto. Che non si pensi che lo abbia fatto per i piaceri dell’intelletto, e neppure per le rovine del cuore (sebbene le abbia esplorate a lungo preferisco non tornare sul luogo del delitto). L’unico motivo per cui l’ho fatto è che nei loro personaggi, nelle loro storie ho trovato me stessa, e ho ritrovato, in buona parte, la vita dei  miei colleghi lavoratori dell’arte, non più bohemién ma affamati e appassionati in egual misura. Ho bisogno di dire qualcosa e per farlo mi abbandono alla storia. Perché la storia sa parlare meglio e più di me, perché in essa la musica disegna tutto con contorni di perfezione che altrimenti sarebbe difficile anche solo  intuire. Il sogno… eco nel vuoto di un canto.Vi prego di aver cura di questa confessione di un autore, anzi, di una autrice,  che ha bisogno di dire tanto per cui ora tace.

Ornella Bonventre. Rho, 09-09-2014.

 

 

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